CoCò è il nome d’arte di Carlo Corona (C.C.).
Ricordate il testo della filastrocca della tradizione popolare: «Ambarabà Ciccì Coccò», che racconta di tre simpatiche civette… Al loro posto, ci sono tre piccole vetture o “macchinette”, dentro il cui abitacolo dimorano le mie differenti inclinazioni-passioni.
Perché, dunque, aggiungere anche le Chicche? Mah, forse perché il mio intento è di proporre qualcosa di nicchia, o forse perché è tutto frutto di una creatività che vuole tradursi su piccola scala. Tale creatività è orientata alla condivisione, che si sostanzia nello scrivere, nel veicolare “chicche enoiche” e nel realizzare gadgets inneggianti il “CoCò pensiero”.
Carlo è un trevigiano diversamente biondo, amante delle cose belle e buone. Opitergino da zero a dieci anni, ripiombo nella città dove ho visto la luce, Treviso, 3Face, Trifeis, che dir si voglia. Qui inizio a interfacciarmi con l’humus trivalente della “piccola Venezia”.
Impostomi di seguire un iter scolastico che poco mi significa, mi applico con alti e bassi, dando comunque privilegio alle attività sportive: calcio, sci, tennis, windsurf, moto-fuoristrada. Sconoscendo qual è la mia vera inclinazione, sport a parte, mi diplomo, e mi laureo in Economia Aziendale in terra lagunare. Nel frattempo, la passione per il mondo del vino comincia ad assumere connotati sempre più interessanti e pregnanti. Interessato fin da subito a una bevanda enoica apparentemente semplice e codificabile, quale è il Prosecco, poi da me ribattezzato Prozzac, seguo i corsi triennali dell’Associazione Italiana Sommelier (A.I.S.), e partecipo a degustazioni, eventi, cominciando a fraternizzare con i cantinieri.
Mi sforzo di sposare il principio «So di non sapere» e, nella continua ricerca, rimango folgorato dal Prosecco Colfòndo, rigorosamente di estrazione collinare.
Subito dopo la pubblicazione del mio primo libello “La Bigiotteria di CoCò” – 12 mesi di pensieri –, decido che è tempo di dare un’impronta al mio “sapere” enoico ed etichetto un Prosecco Colfòndo di Guia di Valdobbiadene col mio nome-marchio.
Poco dopo viene alla luce il mio secondo libello “E quindi? (And so?)” – 12 mesi di pensieri, su cui campeggia la macchinetta disegnata da mio figlio Antonio Elia all’età di 5 anni, secondogenito dopo Ludovica. Un altro anno scandito da commenti, pensieri, aforismi, considerazioni personali che stuzzicano il lettore, facendolo divertire e riflettere allo stesso tempo.
Il cantiere è ancora aperto…